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Motore a Ciclo Miller

Motore a Ciclo Miller – il motore ideato da Ralph Miller adotta una soluzione un attimo più semplice e nota ai più. Al posto del particolare imbiellaggio utilizzato dal ciclo Atkinson, utilizza un normalissimo motore a ciclo Otto a cui è stato applicato un sistema di fasatura variabile in aspirazione. Il principio di base è sempre lo stesso. Ottenere una fase di compressione minore rispetto a quella di espansione così da migliorare l’efficienza stessa del motore grazie alla maggiore energia estratta dalla combustione sottoforma di pressione. Per fare questo la valvola di aspirazione viene chiusa o molto in ritardo o molto in anticipo rispetto alla situazione classica così, nel primo caso, si riesce a far uscire una parte della carica entrata nel cilindro mentre, nel secondo caso, si riesce ad impedire che una parte della carica entri nel cilindro. Esattamente come nel ciclo Atkinson il rapporto di espansione, che è rimasto invariato, risulta ora maggiore del rapporto di compressione modificato tramite la fasatura variabile in aspirazione. A beneficiarne è quindi il rendimento che aumenta ma a spese della potenza che diminuisce poiché a parità di volume in gioco (cioè stessa cilindrata) la quantità di combustibile che entra in un motore a ciclo Miller è minore rispetto a quella che entra in un motore a ciclo Otto o Diesel.

Anche in questo caso l’utilizzo della sovralimentazione potrebbe risolvere il problema della minore potenza. Però, essendo minore la pressione dei gas di scarico, si rischia di non ricavare una potenza sufficiente. Si potrebbe allora optare per una sovralimentazione volumetrica dove se da un lato si riesce a recuperare una maggiore potenza persa dall’altro si perde una parte di potenza meccanica generata dal motore intaccando quindi il rendimento. La vera differenza, però, rispetto al motore a ciclo Atkinson è che in questo caso si opera tramite un sistema di fasatura variabile all’aspirazione quindi è possibile far funzionare il motore sia in ciclo Miller che in ciclo tradizionale, lavorando sulla fasatura, senza dover fare i conti con una cinematica alquanto complessa. Entrambi i cicli, sia Atkinson che Miller, vengono spesso associati ai motori elettrici nei sistemi ibridi in quanto in primis sono poco assetati di carburante e in secondo luogo possono ricevere dall’elettrico quella mancanza di potenza trasformata dal ciclo stesso in una maggiore efficienza.

Archivio foto: Motori a combustione interna

Author

Matteo Di Lallo

http://www.matteodilallo.tech
Laureato in Ingegneria Meccanica e forte appassionato di motori, ho collaborato con alcune realtà del mondo dell'editoria automotive (Autotecnica, Trasporto Commerciale, Giornale del Meccanico, La Mia Auto, Omniauto, Quattroruote, Motori Agricoli, Evo Italia ed Automobilismo) presso le quali svolgevo il ruolo di test driver di vetture definitive. In seguito mi sono occupato dello sviluppo e del collaudo di vetture prototipali e muletti ad alte prestazioni (Alfa Romeo e Maserati) per conto di CSI Automotive Spa presso il Proving Ground di Balocco. Attualmente svolgo l'incarico di Ingegnere di Produzione sugli aerei militari F-35 per conto di Leonardo Aircraft presso lo stabilimento/aeroporto militare di Cameri (Novara).

7 Replies to “Motore a Ciclo Miller”

  1. Grazie per la chiara esposizione.
    Domanda : l’iniezione del carburante è indiretta( collettori di aspirazione ) oppure diretta ( nella camera di compressione a valvole chiuse ) ? Presumo sia obbligatoriamente diretta in quanto nella 5° fase di espulsione di parte dell’aspirato se l’iniezione fosse indiretta tornerebbe nei collettori di aspirazione misela e non solo aria. Grazie per una conferma

  2. Ottimo. Annoto che un motore realizzato per funzionare PERMANENTEMENTE con ciclo Miller potrebbe essere realizzato con un rapporto di compressione adatto al relativamente scarso coefficiente di riempimento. Rimarrebbe il problema della minore potenza specifica, ma il consumo specifico sarebbe ottimizzato.
    Oppure, in alternativa, stante il rapporto di compressione elevato che comporterebbe problemi di detonazione in caso di ammissione “piena”, limitarne l’uso solo a quote elevate, per ripristinare la potenza persa con la rarefazione dell’aria (esempio uso in alta montagna).

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