Downsizing vs Rightsizing: quale sarà il futuro? – Le Case adotteranno ancora la filosofia del Downsizing o saranno costrette a dirigersi verso il Rightsizing?
Downsizing è la vera soluzione?
Le sempre più stringenti normative in materia di riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti spinsero i Costruttori di automobili verso una netta riduzione della cubatura e del numero dei cilindri nei moderni motori a combustione interna. Il motivo di tale strategia, denominata come ben saprete “Downsizing”, fu sempre lo stesso: rientrare nei limiti di emissioni di CO2 in sede di omologazione senza rinunciare a buone caratteristiche di erogazione e coppia ai bassi e medi regimi. Fin da subito sembrò che la decisione di ridurre la cilindrata e il numero dei cilindri fosse una scelta corretta. I nuovi motori “compatti” facevano registrare, infatti, valori più bassi sia in termini di consumi di carburante che di emissioni inquinanti. Ma tali risultati erano purtroppo solamente un abbaglio. Infatti, questi piccoli motori erano si in grado di far registrare valori di consumi ed emissioni nettamente più basse ma ne erano capaci solamente durante i cicli di omologazione eseguiti in laboratorio su un banco prova a rulli, cicli per nulla reali o difficilmente ripetibili nel reale traffico quotidiano.
Occhio al Ciclo…
Diciamoci la verità, i cicli di omologazione ancora oggi adottati non possono di certo essere utilizzati per verificare i reali consumi e le reali emissioni di un’autovettura. La durata di questi cicli è, infatti, troppo limitata, le velocità e le accelerazioni adottate sono troppo basse e i motori nell’eseguire tali prove vengono sottoposti a carichi e regimi motore non adeguati. Molto probabilmente le Case automobilistiche lo hanno sempre saputo e ne hanno sempre approfittato per abbassare la media della propria nelle emissioni di CO2 all’interno della propria gamma così da non dover incorrere in multe salate. Una strategia attuata di frequente anche grazie all’adozione di motorizzazioni micro-hybrid, mild-hybrid e hybrid che, se sottoposte ai cicli di omologazione attuali (ideali), garantiscono consumi ed emissioni da capogiro ma, una volta provate in condizioni reali, difficilmente consentono di ottenere i risultati tanto promessi e decantati.
Qualche escamotage
Altre Case automobilistiche, invece di abbracciare in toto la teoria del Downsizing, preferirono continuare a progettare motori di grosse dimensioni equipaggiandoli però con un sistema di disattivazione parziale dei cilindri. In questi motori vengono disattivati la metà dei cilindri ai bassi e medi carichi e ai bassi regimi di funzionamento mentre i restanti cilindri, rimasti attivi, vengono spinti a funzionare verso carichi più alti così da incrementare l’efficienza complessiva. (Quando infatti viene attivata la parzializzazione della cilindrata, il corpo farfallato viene mantenuto completamente aperto, perché i cilindri attivi devono funzionare in condizioni di massimo carico, così da consentire anche una sensibile diminuzione delle perdite dovute all’azione di pompaggio del motore). Non appena però viene richiesta maggiore potenza, il motore torna a funzionare ad alti carichi e alti regimi di rotazione grazie al completo ripristino di funzionamento dei cilindri precedentemente disattivati. Anche questo risultò però un semplice escamotage in quanto solo nel funzionamento con la metà dei cilindri disattivati questi motori erano in grado di far registrare bassi consumi e basse emissioni allo scarico.
Una nuova era: il Rightsizing
La situazione sembra però esser arrivata a un punto di svolta. Complici i recenti scandali sulle emissioni inquinanti, che hanno visto coinvolte alcune famose Case automobilistiche, non solo le future normative dovranno prevedere un ciclo di omologazione in condizioni reali ma gli stessi test diventeranno nettamente più severi. Proprio per rispondere a queste nuove normative le Case automobilistiche stanno ricorrendo ai ripari, dichiarando fin da subito che la tanto amata filosofia del Downsizing ha ormai le ore contate. Quasi tutti gli ingegneri sono, infatti, concordi che per poter rispettare i nuovi cicli di omologazione RDE si dovrà puntare più sulla filosofia del Rightsizing con un inevitabile aumento della cilindrata nei futuri motori. Assisteremo quindi al ritorno a una cilindrata minima di 1.2 litri per i benzina e di 1.5 litri per i diesel con una sempre maggiore propensione per le unità a 4 cilindri in luogo delle attuali a 3 cilindri.
SkyActiv
Non tutte le Case automobilistiche si sono lasciate però abbagliare dalla teoria del Downsizing. Prima fra tutte Mazda che non ha mai abbandonato il suo progetto SkyActiv proseguendo nel continuo sviluppo e nel continuo miglioramento dei propri motori a combustione interna. Scendendo nel dettaglio, i motori benzina SkyActiv, dotati di una precisa iniezione diretta, un alto rapporto di compressione (14:1), un particolare layout del sistema di scarico (4-2-1) e di pistoni con una caratteristica geometria del cielo, vantano bassissimi consumi e bassissime emissioni inquinanti senza l’adozione di particolari catalizzatori DeNox (SCR) e senza dover ricorrere alla riduzione della cilindrata o del numero dei cilindri. Una linea di pensiero, insomma, nettamente più affine con la filosofia attuale del Rightsizing e che a primo acchito sembra premiare il Costruttore giapponese.
Passato e futuro si fondono
La stessa Mazda, inoltre, ha recentemente annunciato un ulteriore step evolutivo dei propri motori SkyActiv. Dal 2018, infatti, i nuovi propulsori benzina utilizzeranno la tecnologia denominata HCCI (homogeneous charge compression ignition). Grazie a questa tecnologia i motori saranno in grado di sfruttare una carica ben miscelata come nei motori ad accensione comandata, non soffrire di perdite per parzializzazione ai carichi parziali (perdite di pompaggio) con conseguente aumento del rendimento organico come nei motori diesel e operare ad alti rapporti di compressione con aumento del rendimento termodinamico sempre come i motori diesel.
Un motore a metà strada tra benzina e diesel insomma. Ciò che lo contraddistingue però dai motori ad accensione comandata (Otto) e dai motori ad accensione per compressione (Diesel) è che la combustione avviene simultaneamente in tutta la carica, invece, che attraverso un fronte di fiamma con un conseguente rapido aumento della pressione interna (benzina) e senza presentare una combustione di tipo diffusivo come avviene nei motori diesel. Questa caratteristica spinge però i motori HCCI a essere utilizzati quasi esclusivamente ai carichi parziali dove riescono a operare con miscele molto magre. Ai carichi elevati, invece, il rapido incremento di pressione potrebbe causare oscillazioni simili al battito in testa e combustioni fortemente irregolari. Basterà allora adottare un motore funzionante in HCCI solamente ai bassi carichi e capace di cambiare il funzionamento in accensione per scintilla al superamento di un certo carico. Per ottenere questo effetto il motore potrebbe essere dotato di un rapporto di compressione variabile in modo da adeguarsi alle diverse esigenze.
Altre Case invece starebbero dando più fiducia a cicli quali Atkinson o Miller o a motori dal rapporto di compressione variabile, tutte tecnologie già sperimentate in tempi passati. I primi puntano a ottenere una fase di compressione minore rispetto a quella di espansione così da migliorare l’efficienza stessa del motore e quindi ridurre consumi ed emissioni. Soluzione ottenuta chiudendo o molto in ritardo o molto in anticipo la valvola di aspirazione rispetto alla situazione classica così da generare un lavoro di pompaggio più limitato rispetto al tradizionale motore con valvola a farfalla e permettere un incremento di efficienza ai carichi parziali. I secondi modificano la corsa del pistone nel suo movimento alternativo per variare il rapporto di compressione di ogni cilindro e ottenere un miglioramento del rendimento termodinamico riducendo consumi ed emissioni. Infatti, quando si utilizza il motore in un contesto cittadino (carichi parziali,regimi modesti e bassa alimentazione) è preferibile avere un motore con rapporto di compressione alto che predilige il rendimento. Quando, invece, si viaggia in autostrada o su una strada di montagna a pieno carico (carichi elevati, farfalla aperta, alti regimi) conviene utilizzare un motore che abbia un rapporto di compressione basso che va di pari passo con la potenza erogata.
Insomma la situazione è abbastanza chiara. In un futuro non troppo lontano si assisterà al ritorno a motori di cubatura maggiore e dal maggiore frazionamento. Soluzioni che vedranno perché no l’adozione di particolari tipi di combustione (HCCI) oppure di cicli più efficienti (Atkinson e Miller) o ancora di particolari tecnologie come il rapporto di compressione variabile. Motori sui quali sarà possibile vedere una forte rincorsa all’elettrificazione grazie ai moderni sistemi mild-hybrid. Una cosa sola è certa: l’era dei motori a combustione interna non è ancora giunta al termine e i margini di miglioramento di questi motori sono ancora buoni.
Archivio immagini: Google.